Haiku raccoglie le opere recenti di
Marco Ara. Pittore bolognese della
generazione degli anni ’40,
cresciuto con gl’insegnamenti di
Pompilio Mandelli, è docente di
pittura all’università Primo Levi di
Bologna. Sono opere dell’ultimo
quinquennio, in cui la sua pittura è
giunta all’essenzialità dei
materiali e della composizione: come
l’haiku, la poesia giapponese
composta da tre versi e diciassette
sillabe.
Sia gli ampi teleri, sia i lavori
più piccoli sono realizzati
recuperando da solai abbandonati
vecchi tessuti, su cui Marco Ara
modula le campiture ricorrendo a
sostanze naturali come caffè e
tabacco, colle tempere e cordami.
“Sono stato immediatamente attratto
dall’identità della trama, delle
cuciture e delle piccole lesioni di
ogni singolo lembo –spiega Marco
Ara– ho cercato subito un dialogo
silenzio¬so e di assoluta intimità,
ho abbandonato i colori a olio per
non turbare e violentare la
leggerezza di tela lino e canapa,
lasciandoli il più possibile
integri”.
La pittura di Marco Ara, dialogando
con la tela, evoca un universo
domestico semplice ed essenziale,
quasi monastico, scandito da ritmi
diluiti, percorso da ampie pause.
“Affiora così una poetica dei
materiali –scrive Maurizio Nicosia
nel catalogo– che si condensa
nell’imprimitura e nella sua
variazione tonale con pochi,
pochissimi colori: leggeri,
delicati, e che talvolta virano
verso l’ocra della sinopia sino a
infiammarsi. Con grande economia di
mezzi Marco Ara s’è sbarazzato nel
tempo di tutto ciò ch’è superfluo”.
Come i poeti dell’haiku.